C’è un filo rosso che unisce le ultime opere di Clint Eastwood, tutte ascrivibili ad altrettanti fasi di una splendida e ancora sorprendente maturità. E’ il filo del tempo e dell’evento storico. Una “corda tesa” che attraversa la cronaca americana più recente e che si serve di questa per modellare e rimodulare cinematograficamente la dimensione più sfuggente e abusata di sempre. Quel tempo che avanza inesorabile ma sul quale a quasi 90 anni si ha ancora parecchio da dire. Magari per saldare debiti con la coscienza militare contemporanea del paese (il Chris Kyle di American Sniper, opera sulla quale pesa ancora un gigantesco equivoco ideologico) o far emergere i vizi di forma di un sistema giudiziario che antepone gli interessi assicurativi all’elemento umano (Sully)...
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