Category Recensioni

Wish, il classicismo della semplicità

Che cos’è un “classico”? Nell’accezione più semplice e lineare del termine un classico è tutto ciò che è diventato modello, archetipo di bellezza e perfezione cui aspirare (ed ispirarsi), paradigma formale e sostanziale di qualcosa che è nato per durare nel tempo e “permanere” nella memoria.

In senso disneyano il classico animato è nato praticamente subito, in quel lontano (eppure già avanguardistico) 1937 di “Biancaneve e i sette nani”, primo lungometraggio “disegnato” figlio di una visione ed una sperimentazione nuove e, fin da subito, incredibilmente audaci...

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Talk to Me, la morte secondo la Generazione Z

La morte è qualcosa che non dovremmo temere perché, mentre siamo, la morte non lo è, e quando la morte è, non lo siamo.” (Antonio Machado). 

Il cinema, come medium, non teme la morte perché fonda la sua ragion d’esistere su un meccanismo di ripetizione (e di rinascita) che si consuma tanto nei luoghi (oscuri) della proiezione, che sulla superficie corneale dello spettatore. Il cinema è ciclico e ritornante, dunque già zombie. L’horror al cinema, per sua natura, non può temere la morte e l’adopera sempre come fondamentale meccanismo di seduzione visiva, sia quando ne filma il “compiersi” più esplicito ed efferato (come nello slasher), che nella messinscena del suo “dopo”...

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Omaggio a “La Stranezza” di Roberto Andò, Nastro d’Argento dell’anno

Un film “felice”. E’ questo l’aggettivo che più è ricorso nei discorsi dei premiati durante la serata Evento speciale dei Nastri d’Argento dedicata a La stranezza, ‘Film dell’anno’ 2023. Una festa, quella dedicata al film, dentro l’altra festa, quella che ha chiuso in bellezza la 69.ma edizione del Taormina Film Fest, certificando con lo speciale riconoscimento del sindacato dei Giornalisti il successo del bellissimo film di Roberto Andò. Un film felice si diceva, soprattutto perchè nato sotto una buonissima stella o, più giustamente, sotto una costellazione di magnifici talenti, tutti convergenti verso lo stesso, armonioso risultato...

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Omaggio alle Sirenette di ieri e di oggi

In attesa de “La sirenetta”, nuovo live-action Disney travolto dalle critiche, un disegno col quale dico definitivamente la mia.

Le due Ariel, appartenenti a epoche diverse e rivolte a generazioni differenti, strette in una posa amica che manda idealmente in frantumi tutte le futili polemiche social sull’etnia della sirenetta quale “canone” da rispettare.

A tutti i nostalgici: fatevene una ragione.

Questo live-action è per le bambine e i bambini di oggi.

Voi avete avuto (e avete ancora) il vostro cartone.

Tutte le chiacchiere pertanto possono andare tranquillamente…In fondo al mar…. 

 

Andrea Lupo

 

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“Bussano alla porta”, fede e famiglia nell’ultimo apologo di Shyamalan

E’ da oltre un ventennio che il cinema di M. Night Shyamalan pare essersi assunto sulle spalle una sorta di responsabilità silenziosa nei confronti del pubblico. Attraverso le sue incursioni all’interno dei generi la filmografia del regista indiano si è fatta sempre più manifesto delle inquietudini del presente, una sorta di ricognizione dai toni minimalisti intorno a paure individuali e angosce collettive. E’ una storia che ha avuto inizio nel 1999, l’anno in cui “Il sesto senso” poneva la pietra definitiva su una riflessione tutta americana incentrata sulle inquietudini di fine millennio...

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The Fabelmans, quando la vita si fa arte

Ancora una volta tutto ha inizio da un treno. Non la locomotiva in arrivo alla stazione di La Ciotat, i famosi 50 secondi con cui i Lumière terrorizzarono una piccola platea a Parigi nel 1896, ma il treno che deraglia e distrugge altri vagoni in una delle sequenze più catastrofiche ed “esplosive” de “Il più grande spettacolo del mondo” di Cecil B. De Mille. Una scossa ai sensi e alla mente che, oltre a costituire lo splendido incipit di puro meta-cinema del film, rappresenta per il piccolo Sammy Fabelman (alter-ego del futuro Steven Allen Spielberg) quasi una seconda espulsione dal grembo materno, l’evento epocale che ne segnerà in maniera irreversibile tutta l’esistenza successiva e gli mostrerà l’unica rotta sensata del suo destino: fare cinema (“Perché non c’è ni...

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Halloween, la “forma”del Male nella nuova trilogia

Con “Halloween Ends” il regista David Gordon Green conclude la sua discussa e coraggiosa trilogia dedicata alla maschera omicida partorita dall’immaginazione di John Carpenter con il seminale “Halloween-la notte delle streghe”. Un’operazione nata come reboot di una saga che, a essere onesti, tra gli anni ’80 e i ’90 non aveva riservato all’icona Michael Myers un trattamento degno o all’altezza del cult del 1978. Perché ad eccezione di un discreto sequel che prolungava la fatidica notte delle streghe fin dentro l’ospedale in cui era ricoverata una malmessa Laurie Straude (la mitica Jamie Lee Curtis) e di un gustoso capitolo (“Halloween 20 anni dopo”) concepito dentro la filosofia dello slasher post-Scream rilanciata dalla Miramax, gli episodi successivi brillavan...

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NOPE- la risposta è nelle nuvole

  1. NOPE. Un “NO” convinto e tipicamente slang. Ma, forse, anche la crasi fra “NO” e “HOPE”, negazione di una possibilità, abbandono di speranza. L’ultimo film di Jordan Peele naviga- o, più correttamente,”plana” dato il tema alieno- fra la spigliatezza leggera dell’entertainment e la gravità della riflessione sociale, quella a cui il regista ci ha abituato fin dall’esordio “Scappa-Get Out” (sul lato ipocrita, reazionario e schiavista dei sistemi democratici) e a seguire con “Noi- US” (il classismo degli United States eretto sul sacrificio dei deboli). Quelle usate da Peele a mo’ di architravi ideologiche del racconto sono grandi metafore, tanto più esibite narrativamente quanto più ritenute urgenti e necessarie, soprattutto dentro un Presente-Mondo sempre più dominato dai reset delle ...
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Elvis! (nella fiera delle illusioni)

Dalla sparkling diamond Satine di “Moulin Rouge!” (2001) fino alla cascata di diamanti incastonati in fibbie d’oro che apre e chiude i titoli del biopic “Elvis” il passo è breve, anche se sono passati già vent’anni. E la tentazione di mettere quel punto esclamativo nel titolo del film, appena conclusa l’immersione nei suoi instancabili (mai stancanti) 157 minuti di visione, è forte. Perchè biopic alla fine è una parola semplice, una catalogazione cinefila di comodo che tutto vorrebbe dire sull’opera ma nulla effettivamente aggiunge. Per rendere al meglio invece tutta la vertigine musicale che sprigiona dalla reinterpretazione su schermo di questo mito fondante della moderna cultura americana occorrerebbe una dicitira del tipo Baz Luhrmann’s Elvis. O, come detto, un punto esclamativo ...

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“C’è un soffio di vita soltanto” e la straordinaria testimonianza di Lucy Salani

Da tempo la politica italiana ha cessato di essere specchio (anche deforme) del paese per ridursi più miseramente a uno sterile specchio di sé stessa. Non più il riflesso della società fuori ma l’immagine imprigionata dentro, palindromi istituzionali bloccati in uno stallo che non manifesta segni di vera progressione (o progressismo). Bello sarebbe stato poter definire autorevolmente i nostri parlamentari come i “delegati” degli elettori, destinatari di un mandato popolare “in bianco”. Figure alte incaricate di essere fotografia reale del paese e altresì figure “altre” capaci di traghettarlo al di là di quelle colonne d’Ercole ideologiche che lo imprigionano. Ci si era quasi riusciti a Novembre 2020 quando il DDL Zan era stato approvato a maggioranza dalla Camera...

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