La Metamorfosi come condizione risolutiva dell’essere, il castigo fisico quale contrappasso del disordine sociale, le relazioni insolubili fra il fato e l’arbitrio. Sono queste alcune delle tematiche ricorrenti nel cinema di Yorgos Lanthimos regista greco che ha saputo codificare in forme inusuali e cinematografiche molte componenti culturali e identitarie del proprio paese. A fare da ponte concettuale fra le stesse v’è forse un’unica metafora, lineare, scoperta e severa: quella dell’animale. E’ questa infatti a far interlacciare idealmente gli ultimi tre film del celebrato autore verso una sorta di unicum conclusivo, una riflessione gelidamente “etologica” sulla natura umana e sulle conseguenze ferine delle sue azioni (o inerzie)...
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