Category Recensioni

Un anno di cinema, 40 titoli da ricordare- Parte II

Seconda parte dell’articolo sui 40 film da ricordare del 2019. Anche qui nessuna ideale classifica (il n. 40 non è meno importante dei precedenti) ma solo un’elencazione dettata dalla memoria, dall’emotività, dalle connessioni instauratesi nella mente mentre rievocavo le visioni avute nel corso dell’anno. Consapevole della incompletezza di ogni lista (come al solito sono state tante le visioni perdute) vi offro comunque un piccolo compendio ragionato di scelte (ovviamente personali).

Giusto per dimostrarvi che i bei film, nonostante tutto al cinema sembri essere stato già raccontato, esistono ancora e sono molti.

Soltanto bisogna avere voglia di inseguirli.

O magari di farsi trovare da loro.

Buona lettura!

21.The Mule-Il corriere...

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Un anno di cinema, 40 titoli da ricordare- Parte I

E’ stato un bell’anno cinematografico quello appena concluso. I miei motivi saranno magari diversi da quelli di tanti altri. C’è chi si è commosso con il finale di “Avengers Endgame” e chi riattraversando la savana realistica del “Re Leone“, chi attendeva trepidante il finale di “Star Wars Episodio IX” e chi non vedeva l’ora di ripercorrere i corridoi del’Overlook Hotel in “Doctor Sleep“, chi si immergeva in una Downton Abbey finalmente panoramica e chi, più piccino, voleva tornare ad Arendelle per riabbracciare Elsa e Anna (Frozen 2) o nel mondo dei giocattoli (Toy Story 4).

I motivi per godere del cinema sono tanti, tutti diversi, moltissimi validi.

Qui elenco film e motivi per i quali è stato bello continuare ad andare al cinema durante il 2019...

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THE IRISHMAN, dal silenzio di Dio all’oblio in terra

Accantoniamo i “crepuscolare” e i “capolavoro” per una volta. Teniamoci a debita distanza dai primi, abusati significanti critici buoni per chi sta per dipartire cinematograficamente (vedi Clint Eastwood, “certificato” crepuscolare già da “Gli spietati” e capace di infilare da allora almeno altri sette-otto capolavori non crepuscolari), ed evitiamo saggiamente pure i secondi, solenni e gratuiti strilloni in uso ai multisala. Soffermiamoci invece sul maestro (che di sublime arte ne firmerà ancora) e soprattutto sull’uomo Scorsese, quel cineasta che da mezzo secolo dialoga incessantemente con se stesso attraverso la celluloide e il digitale, la memoria e il presente e oggi pure coi provider televisivi multimiliardari e la de-aging technology...

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AD ASTRA, le asperità oltre le stelle

Per aspera ad astra, attraverso le difficoltà fin verso le stelle. Questo il motto, l’incitazione, il viatico. Ma se il viaggio fosse invece al contrario? Se attraverso le stelle si giungesse solo a nuove asperità e dolore? Con la rassegnazione al posto della gloria e il bagliore di una cometa invece della lux aeterna nello spazio ? L’ultimo film di James Gray (Two Lovers, Civiltà perduta) non è un’ode al vittorioso ma, probabilmente, un’elegia sulla sconfitta. Solenne, mesta e giustamente autocosciente. Un’invocazione interiore che l’astronauta Brad Pitt rivolge a se stesso (né a Dio né al Padre quindi) e di cui conosciamo già, come lui, la nuda risposta. Non occorre un viaggio per aspera per comprendere una malattia esistenziale che ha già corroso l’anima, corrotto l’i...

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Midsommar e il folk horror alla radice delle paure moderne

Il folk horror fa paura. Forse più paura dell’horror stesso. Fosco sottogenere che (r) esiste al cinema da quasi 60 anni come una sorta di innesto malato, rappresenta dell’horror la corrente forse più estrema, assai poco conciliante e perfino anti-sistema. Da gemme primordiali filiate fuori dalla Hammer Film come “Il grande inquisitore” (1968, con l’icona Vincent Price) e “La pelle di Satana”(1971) fino a più recenti declinazioni autoriali offerte da opere destabilizzanti e lisergiche come “I disertori” o pittoriche e rigorose come “The VVitch”, questo filone non nasce con specifici intenti finalistici (come ad esempio il più codificato e fortunato sottogenere “demoniaco”, modellato sulle paranoie anni ’70 e intorno al sentimento cattolico della middle-class ...

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Toy Story 4, un amico in noi…

Alla Pixar il numero perfetto non esiste se anche le saghe più riuscite di sempre (come appunto quella di Toy Story, pietra angolare dell’animazione moderna) possono permettersi di stravolgere la linda compiutezza del concetto di trilogia e spingersi verso l’infinito e oltre del proprio stesso romanzo di formazione. Sono passati ben nove anni dal bellissimo “Toy Story 3- La grande fuga” in cui avevamo lasciato la banda di Woody & Co. al crepuscolo di una scelta personale assai sofferta (che però era anche l’alba di una necessaria maturità)...

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“Yesterday”, recensione in anteprima dal Taormina Film Fest

Yesterday, all my troubles seemed so far away, Now it looks as though they’re here to stay, Oh I believe in yesterday…”

Il terzo tributo musicale di stagione dopo la teutonica celebrazione dei Queen e Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody e quella più camp e intimista di Elton John in Rocketman è questa ironica, tenera e un po’ fanciullesca digressione sul sound dei Beatles firmata Danny Boyle (Trainspotting, 127 ore, Steve Jobs). Il titolo stesso “Yesterday” evoca non solo una delle canzoni-simbolo della mitica band di Liverpool ma anche la nostalgia di un passato senza problemi (“all my troubles seemed so far away”) e di un tempo leggero, soave ed emotivamente incolpevole cui tutti più o meno siamo rimasti idealmente legati...

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Dolor y Gloria y…

…y Amor. Il terzo termine (di paragone) del teorema biografico almodovariano qui è fuori campo. E’ l’assonanza che il titolo non comprende ma di cui è chiaramente impregnata tutta la narrazione di quest’ultima opera del maestro spagnolo. Lo aggiunge arbitrariamente chi scrive quale vezzo e diletto di un esercizio critico inedito intorno al film, anche se il film stesso neppure ne necessiterebbe. Un po’ come il ritorno su locandina del nome Pedro davanti ad Almodóvar (così il regista ha firmato e contrassegnato quasi tutta la produzione degli ultimi trent’anni) che marca superfluamente il biografismo dell’opera, esplicitata però fin dal collage che ne compone il manifesto...

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Rocketman, un sogno “reale” fra audacia e biografia

Due biopic musicali nella stessa stagione. Due icone assolute degli ultimi cinquant’anni di rock si confrontano idealmente sullo schermo per rinnovare col proprio pubblico il patto di popolarità e i diritti sul sipario. Due canzoni-simbolo come titoli dei film (Bohemian Rhapsody, Rocketman) a loro dedicati, quasi a voler restituire di quelle tormentate biografie non la rigorosa attendibilità storica del narrato ma la più evocativa “singolarità” del vissuto. E la singolarità, concetto fisico che definisce il punto in cui una curvatura spazio-temporale tende verso l’infinito, appartiene anche a queste due stelle, come prodotto di una deformazione da loro stesse determinata sulla curvatura della musica. La gloriosa singolarità di note che aspirano all’infinito...

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PET SEMATARY, quel cimitero che “vive” oltre la pagina

AVVISO SPOILER AI LETTORI: SE NON AVETE LETTO IL LIBRO, VISTO IL FILM O IL SUO REMAKE NON LEGGETE QUESTA ANALISI. CONTIENE ANTICIPAZIONI ED EVENTI FONDAMENTALI DELLA STORIA DI STEPHEN KING E DELLE DUE TRASPOSIZIONI UFFICIALI.

  1. La terra e la pietra, il dolore e la metafora in “Pet Sematary” di Stephen King

Il cuore di un uomo è più duro di una pietra. Ogni uomo coltiva i propri affetti come può e ha cura delle creature che ama. Perchè l’amore per le persone che ci sono care, è la vera, unica ricchezza. E l’amore è un sentimento che supera anche il limite invalicabile della morte.(Pet Sematary, 1983)

C’è il racconto “La zampa di scimmia” dello scrittore inglese William Wymark Jacobs alle origini del bellissimo e terribile romanzo di Stephen King...

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