Category Recensioni

THE IRISHMAN, dal silenzio di Dio all’oblio in terra

Accantoniamo i “crepuscolare” e i “capolavoro” per una volta. Teniamoci a debita distanza dai primi, abusati significanti critici buoni per chi sta per dipartire cinematograficamente (vedi Clint Eastwood, “certificato” crepuscolare già da “Gli spietati” e capace di infilare da allora almeno altri sette-otto capolavori non crepuscolari), ed evitiamo saggiamente pure i secondi, solenni e gratuiti strilloni in uso ai multisala. Soffermiamoci invece sul maestro (che di sublime arte ne firmerà ancora) e soprattutto sull’uomo Scorsese, quel cineasta che da mezzo secolo dialoga incessantemente con se stesso attraverso la celluloide e il digitale, la memoria e il presente e oggi pure coi provider televisivi multimiliardari e la de-aging technology...

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AD ASTRA, le asperità oltre le stelle

Per aspera ad astra, attraverso le difficoltà fin verso le stelle. Questo il motto, l’incitazione, il viatico. Ma se il viaggio fosse invece al contrario? Se attraverso le stelle si giungesse solo a nuove asperità e dolore? Con la rassegnazione al posto della gloria e il bagliore di una cometa invece della lux aeterna nello spazio ? L’ultimo film di James Gray (Two Lovers, Civiltà perduta) non è un’ode al vittorioso ma, probabilmente, un’elegia sulla sconfitta. Solenne, mesta e giustamente autocosciente. Un’invocazione interiore che l’astronauta Brad Pitt rivolge a se stesso (né a Dio né al Padre quindi) e di cui conosciamo già, come lui, la nuda risposta. Non occorre un viaggio per aspera per comprendere una malattia esistenziale che ha già corroso l’anima, corrotto l’i...

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Midsommar e il folk horror alla radice delle paure moderne

Il folk horror fa paura. Forse più paura dell’horror stesso. Fosco sottogenere che (r) esiste al cinema da quasi 60 anni come una sorta di innesto malato, rappresenta dell’horror la corrente forse più estrema, assai poco conciliante e perfino anti-sistema. Da gemme primordiali filiate fuori dalla Hammer Film come “Il grande inquisitore” (1968, con l’icona Vincent Price) e “La pelle di Satana”(1971) fino a più recenti declinazioni autoriali offerte da opere destabilizzanti e lisergiche come “I disertori” o pittoriche e rigorose come “The VVitch”, questo filone non nasce con specifici intenti finalistici (come ad esempio il più codificato e fortunato sottogenere “demoniaco”, modellato sulle paranoie anni ’70 e intorno al sentimento cattolico della middle-class ...

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Toy Story 4, un amico in noi…

Alla Pixar il numero perfetto non esiste se anche le saghe più riuscite di sempre (come appunto quella di Toy Story, pietra angolare dell’animazione moderna) possono permettersi di stravolgere la linda compiutezza del concetto di trilogia e spingersi verso l’infinito e oltre del proprio stesso romanzo di formazione. Sono passati ben nove anni dal bellissimo “Toy Story 3- La grande fuga” in cui avevamo lasciato la banda di Woody & Co. al crepuscolo di una scelta personale assai sofferta (che però era anche l’alba di una necessaria maturità)...

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“Yesterday”, recensione in anteprima dal Taormina Film Fest

Yesterday, all my troubles seemed so far away, Now it looks as though they’re here to stay, Oh I believe in yesterday…”

Il terzo tributo musicale di stagione dopo la teutonica celebrazione dei Queen e Freddie Mercury in Bohemian Rhapsody e quella più camp e intimista di Elton John in Rocketman è questa ironica, tenera e un po’ fanciullesca digressione sul sound dei Beatles firmata Danny Boyle (Trainspotting, 127 ore, Steve Jobs). Il titolo stesso “Yesterday” evoca non solo una delle canzoni-simbolo della mitica band di Liverpool ma anche la nostalgia di un passato senza problemi (“all my troubles seemed so far away”) e di un tempo leggero, soave ed emotivamente incolpevole cui tutti più o meno siamo rimasti idealmente legati...

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Dolor y Gloria y…

…y Amor. Il terzo termine (di paragone) del teorema biografico almodovariano qui è fuori campo. E’ l’assonanza che il titolo non comprende ma di cui è chiaramente impregnata tutta la narrazione di quest’ultima opera del maestro spagnolo. Lo aggiunge arbitrariamente chi scrive quale vezzo e diletto di un esercizio critico inedito intorno al film, anche se il film stesso neppure ne necessiterebbe. Un po’ come il ritorno su locandina del nome Pedro davanti ad Almodóvar (così il regista ha firmato e contrassegnato quasi tutta la produzione degli ultimi trent’anni) che marca superfluamente il biografismo dell’opera, esplicitata però fin dal collage che ne compone il manifesto...

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Rocketman, un sogno “reale” fra audacia e biografia

Due biopic musicali nella stessa stagione. Due icone assolute degli ultimi cinquant’anni di rock si confrontano idealmente sullo schermo per rinnovare col proprio pubblico il patto di popolarità e i diritti sul sipario. Due canzoni-simbolo come titoli dei film (Bohemian Rhapsody, Rocketman) a loro dedicati, quasi a voler restituire di quelle tormentate biografie non la rigorosa attendibilità storica del narrato ma la più evocativa “singolarità” del vissuto. E la singolarità, concetto fisico che definisce il punto in cui una curvatura spazio-temporale tende verso l’infinito, appartiene anche a queste due stelle, come prodotto di una deformazione da loro stesse determinata sulla curvatura della musica. La gloriosa singolarità di note che aspirano all’infinito...

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PET SEMATARY, quel cimitero che “vive” oltre la pagina

AVVISO SPOILER AI LETTORI: SE NON AVETE LETTO IL LIBRO, VISTO IL FILM O IL SUO REMAKE NON LEGGETE QUESTA ANALISI. CONTIENE ANTICIPAZIONI ED EVENTI FONDAMENTALI DELLA STORIA DI STEPHEN KING E DELLE DUE TRASPOSIZIONI UFFICIALI.

  1. La terra e la pietra, il dolore e la metafora in “Pet Sematary” di Stephen King

Il cuore di un uomo è più duro di una pietra. Ogni uomo coltiva i propri affetti come può e ha cura delle creature che ama. Perchè l’amore per le persone che ci sono care, è la vera, unica ricchezza. E l’amore è un sentimento che supera anche il limite invalicabile della morte.(Pet Sematary, 1983)

C’è il racconto “La zampa di scimmia” dello scrittore inglese William Wymark Jacobs alle origini del bellissimo e terribile romanzo di Stephen King...

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Ricordando “Interstellar” nel giorno del “Buco Nero”

Oggi 8 radiotelescopi hanno fotografato la storia visualizzando il famoso “orizzonte degli eventi”.

Ma i confini ignoti e invalicabili di un buco nero non delimitano solo quelli scientifici di un evento astronomico ma delineano nuovamente le forme dell’inconoscibilità terrena.

E rimandano ancora una volta all’unica ondulazione possibile per l’essere umano dinanzi alle ignote curvature stellari e spazio-temporali: quelle del cuore.

E’ bello ricordare oggi “Interstellar” perchè ci rammenta quelle meraviglie  che non hanno bisogno di radiotelescopi per essere fotografate…

 

Disegno di Andrea Lupo

 

 

 

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Monday Bloody Monday: il massacro (rimosso) di Peterloo

Uno dei film più importanti della stagione è diventato anche uno dei titoli più colpevolmente bistrattati dal pubblico e dalle giurie dei premi che contano. Fatto fuori già in sede di nominations agli Oscar (proprio come accaduto a “First Reformed” di Paul Schrader) dai troppi black power, mexican power, music power e perfino da Netflix (“Roma”, “La ballata di Buster Scrubbs”), piattaforma consacrata dai premi praticamente in ogni dove. Dall’ultimo Festival di Venezia, (in cui era in competizione accanto ai celebrati “La favorita” e “Roma” ma anche all’abbagliante “Suspiria” di Guadagnino) fino agli Academy Awards passando per i British Independent Film Awards, “Peterloo” di Mike Leigh è divenuto, suo malgrado, vittima di una clamorosa negligenza da parte...

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